Massimo di rimaflow scrive a mimmo lucano di Riace

rimaflowadmin 12 Ottobre 2018 Commenti disabilitati su Massimo di rimaflow scrive a mimmo lucano di Riace

Il giorno dell’arresto di Mimmo Lucano, è stato per molte/i di noi immediato fare un collegamento con quanto stavamo vivendo con la carcerazione preventiva di Massimo Lettieri, presidente della Cooperativa Rimaflow.
Naturalmente i casi sono differenti, e molto diversi i capi di imputazione per Mimmo e Massimo. Ma un collegamento ci è venuto spontaneo: entrambi erano accusati di reati collegati al loro tentativo di costruire alternative all’abbandono territoriale, all’intolleranza e al rifiuto, alla mancanza di lavoro.
Il giorno successivo eravamo sotto il carcere di san Vittore per salutare Massimo con la musica della banda degli Ottoni, e spontanea è stata la partecipazione di tante persone in solidarietà con Massimo e Mimmo.
Quello stesso giorno Massimo decise di scrivere a Mimmo Lucano, per esprimere in suoi pensieri, la sua vicinanza, e ribadire i valori che hanno guidato il suo impegno di questi anni alla RiMaflow. Pubblichiamo la lettera che ne è venuta fuori, perché questa solidarietà è un fatto pubblico.
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Carcere di San Vittore, Milano, 3 ottobre 2018

Carissimo sindaco Mimmo Lucano, non voglio chiederti come stai, posso immaginare il dramma di una persona che pensa di costruire un nuovo modello di accoglienza, un sogno rivoluzionario, e all’improvviso si schianta contro un muro e non sa se riprendersi dall’urto violento o continuare quello che ha iniziato.

Immagino lo sconforto, conosco il dramma. Appena ho sentito la notizia in televisione avrei voluto scriverti, poi ho deciso di aspettare la lettura dei giornali. Avere un giorno di riflessione per capire come si può scrivere ad un uomo, un grande uomo, che mette a disposizione ogni pezzo di sé, il corpo, l’anima, il patrimonio, la credibilità per aiutare gli ultimi, gli emarginati, senza avere la garanzia, la certezza di ricevere la stessa cortesia nel caso si fossero invertiti i ruoli.

Innanzi tutto vorrei manifestare, esprimere, la mia solidarietà; non so se esistono parole per descrivere quanto mi senta vicino a te in questo momento.

2 ottobre 2018 – Presidio sotto il carcere di san Vittore Milano

Mentre scrivo mi trovo detenuto nel carcere di San Vittore a Milano. Il Gip ha contestato dei reati non proprio uguali ai tuoi, ma nei principi si somigliano. Sono un (ex) operaio di una fabbrica milanese che nel 2012 è stato licenziato in modo collettivo da una società che ha de localizzato le attività in Polonia. Per sfuggire alla precarietà e alla povertà insieme ad un gruppo di disoccupati abbiamo seguito il percorso di ‘politiche attive’ presso il Centro per l’impiego, abbiamo costruito un piano industriale per un’impresa. Bene, peccato che non avevamo le risorse per realizzarlo; a quel punto abbiamo pensato di occupare l’area industriale ormai abbandonata, sede della nostra vecchia fabbrica. Abbiamo lavorato gratis per rimetterla in ordine, abbiamo accolto gli ultimi, rifugiati, migranti, disoccupati italiani e stranieri, donne e uomini: in cinque anni è nata una comunità di oltre centocinquanta persone di tutte le nazionalità e di tutte le culture.

Ci siamo posti come obiettivo di superare la soglia di povertà, che abbiamo posto come limite, di 800 euro al mese. Sono nate associazioni tra cui Occupy Maflow e Fuorimercato, una Cooperativa, RiMaflow; numerose sono le collaborazioni con la Cooperativa di SOS Rosarno, con Caritas, con tutte le persone che vogliono superare la povertà con percorsi di autorganizzazione. Un sogno bellissimo, collegato con i movimenti popolari organizzati dalla Santa Sede, con le fabbriche recuperate argentine ed europee,con la Caritas e i movimenti che si battono contro le povertà, aderendo alla rete nazionale di Fuorimercato.

Con le condizioni di base, poveri e senza lavoro non potevamo seguire un percorso ‘legale’ per la costruzione e la realizzazione della nostra esistenza dignitosa, siamo per forza dovuti andare in deroga alle normative locali e nazionali. La legalità prevede molti vincoli, che gli ultimi da soli non possono superare; o si decide di scavalcarli o morire; RiMaflow ha deciso di provarci.

Tutto è andato bene fino al 26 luglio 2018, quando i carabinieri hanno bussato alla porta di casa dei miei genitori, dove mi trovavo in vacanza, e mi hanno arrestato. Non voglio raccontare la ricostruzione del pubblico ministero per la quale il Gip ha ordinato l’arresto, hanno descritto il mio operato come se fossi un delinquente senza scrupoli. Sono stato detenuto per due mesi nelle carceri della provincia di Salerno, lontano mille chilometri dal giudice che aveva ordinato il mio arresto, mille chilometri da mia moglie e dai miei figli, mille chilometri dall’avvocato che doveva difendermi; avevo per fortuna la mia famiglia originaria: papà, mamma, fratello, sorella con le rispettive famiglie che mi sono stati vicino; mia moglie ogni settimana attraversava l’Italia per venire al colloquio, e tutto il movimento #massimolibero #rimaflowvivrà hanno tutti insieme costruito le protezioni affettive di cui ho avuto bisogno per affrontare questa sfida impegnativa.

Non voglio tediarti molto, anche se immagino hai tanto tempo libero per dedicarti alla lettura, tanto tempo per capire cosa è successo, a chi dava fastidio quel progetto fantastico di accoglienza! Che mi auguro un giorno sarà preso come riferimento per la promulgazione di nuove leggi. Le leggi, le norme non sono un dogma, ma i principi che ispirano l’esistenza umana sì!!!

Le nostre lotte, tra l’altro, coincidono anche con il periodo storico, devono essere di stimolo per promuovere quelle azioni che pongono come scopo la realizzazione di un mondo giusto. La battaglia tra il legittimo e il legale, tra la giustizia sociale e la giustizia dei codici.

Ho voluto scriverti questa lettera perché nel momento di difficoltà, nei momenti in cui mi sentivo e mi sento solo in carcere, cerco dei segnali in qualsiasi cosa, in qualsiasi azione. Questa lettera vuole essere un segnale, un ulteriore segnale, dai giornali ho visto tanti attestati di stima di gente illustre, che con articoli di giornali, con l’arte, stimolano il sentimento generale del paese, mentre il mio piccolo segnale arriva da un carcere, da un detenuto, che pensa di vivere un sentimento simile al tuo…

Non chiedo di fidarti, nel carcere ho imparato che sono tutti innocenti, ogni detenuto trova giustificazione nelle azioni che compie, e da un certo punto di vista hanno ragione perché gli ultimi sono obbligati a delinquere per vivere.

Passo alle conclusioni augurandoti tanta forza per affrontare questo momento di difficoltà, che resta un momento temporaneo, di breve durata; sei già considerato un modello positivo e bello, un genere di bellezza che non può appassire.

Mi auguro di incontrarti un giorno, in libertà, ed insieme organizzare modelli ancora più ampi di accoglienza e Resistenza.

Con affetto

Massimo di RiMaflow

 

 

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