Di Luca Federici
Delle molte cose uscite dall’incontro “L’economia dei lavoratori” svoltosi tra venerdì 31 gennaio e sabato 1 febbraio all’interno dei capannoni della Fralib, fabbrica recuperata a Gémon presso Marsiglia, si deve partire dall’energia positiva che si è percepita per tutta la due giorni. Energia data dalla consapevolezza di essere sulla strada giusta per rispondere alla crisi.
Quello di Gémon è stato il primo appuntamento europeo di una serie di incontri che dal 2007 si tengono in America latina, sotto il nome di “L’economia dei lavoratori”, con l’intenzione di fornire luoghi ad imprese recuperate, movimenti, associazioni, attivisti ed accademici per discutere di autogestione, scambiarsi esperienze e pianificare percorsi comuni.
Il primo incontro europeo è stato organizzato e reso possibile grazie al lavoro di diverse realtà. In primis è doveroso menzionare i lavoratori e le lavoratrici della Fralib. Bravissimi nel trasformare la loro fabbrica in un luogo accogliente e funzionale all’iniziativa. La Fralib è una fabbrica di confezionamento per infusi e tè recuperata dai/dalle lavoratori/rici a seguito della delocalizzazione della produzione in Belgio e Polonia da parte di Unilever. Ruolo centrale per la riuscita dell’iniziativa lo hanno poi avuto il comitato organizzativo che prepara gli incontri internazionali e il programma Facoltà aperta dell’università di Buenos Aires, coordinato da Andrès Ruggeri: programma di studio sul fenomeno delle imprese recuperate, concretizzatosi anche con l’apertura di dipartimenti universitari all’interno di alcune imprese autogestite. E il cui impegno nell’organizzazione diviene ancor più meritevole se si considera che il programma è attualmente minacciato dai tagli all’università previsti dal governo di Cristina de Kirchner.
Altrettanto importante è stato il lavoro dell’Association por l’autogestion francese e dell’ICEA (Instituto de Ciencias Económicas y de la Autogestión) spagnolo. Istituti che svolgono attività di studio sull’autogestione operaia e sociale.
Varie realtà europee e sudamericane hanno partecipato all’incontro: la fabbrica di gelati recuperata Pilpa di Carcassone, le Officine Zero di Roma e la Rimaflow di Trezzano sul Naviglio, due esperienze assai diverse per storia e composizione, ma con un comune orientamento ecologista e autogestionario. Quindi la Vio.Me, fabbrica recuperata di Salonicco, in Grecia, che produce detersivi ecologici: attualmente l’esperienza di recupero autogestito più avanzata in Europa. E altre esperienze di autogestione da Serbia, Messico e Brasile.
Dalla prima giornata dedicata alla presentazione delle realtà, allo scambio di esperienze e all’analisi della crisi e delle possibili risposte che potessero venire dalle realtà autogestite, è emersa una corrispondenza di pratiche e problematiche tra tutte le esperienze. Di cui forse il dato più significativo è l’analogia tra la situazione argentina a cavallo tra gli anni 90 e 2000, che ha portato alla nascita del movimento delle imprese recuperate, e l’attuale situazione europea.
Nella seconda giornata si sono tenute sessioni più programmatiche ed operative. Il network Workerscontrol.net ha presentato il suo progetto per la costruzione di una rete di web-site d’informazione e ricerca per contribuire a diffondere le conoscenze sull’autogestione ed il controllo operaio. Presente con proprie sezioni già in vari paesi europei e latinoamericani, con l’incontro di Marsiglia si allargherà alla Francia e nell’Est europeo, con una disponibilità delle realtà italiane presenti a verificare a breve una possibilità di inserimento anche del nostro paese.
La Fralib ha richiesto come supporto alla sua lotta di allargare la campagna di boicottaggio contro il gigante Unilever. Richiesta subito accolta da Rimaflow intenzionata a creare legami con altre fabbriche Unilever presenti nell’hinterland milanese che hanno chiuso o che stanno ridimensionando l’organico lavorativo.
La proposta di diverse realtà di utilizzare l’incontro anche per iniziare a creare relazioni di scambio tra le produzioni autogestite non è stata tuttavia possibile; attualmente in Europa le imprese recuperate sono ancora in una fase embrionale e nessuna, fatto salvo per qualche piccola produzione “militante” per l’autofinanziamento, vedi il Rimoncello di Rimaflow o le tisane al tiglio di Fralib, è ancora riuscita ad attivare una produzione. Solo Vio.Me ha una linea di produzione attiva, ma non le è possibile esportare i propri prodotti a causa della situazione di illegalità a cui è costretta. Proprio per questa ragione si è deciso di mettere in agenda l’organizzazione di una giornata internazionale di solidarietà per la legalizzazione di Vio.Me. Giornata che potrebbe anche essere allargata alla richiesta di legalizzazione di tutte le imprese recuperate.
La due giorni ha avuto il merito di fornire un quadro della situazione europea dei movimenti per l’autogestione, quadro che verrà ulteriormente precisato grazie alla creazione di una rete di ricerca, organizzata per la mappatura delle imprese recuperate ed autogestite in Europa.
L’entusiasmo che ha accompagnato tutta la durata dei lavori lascia ben sperare per il moltiplicarsi delle esperienze di autogestione. Vedi l’intervista a Luca Federici di Ri-Maflow
A seguire il testo dell’intervento che i lavoratori e le lavoratrici Rimaflow hanno portato come contributo all’incontro:
Nel dicembre 2012 la Maflow, ditta che lavorava nel campo automotive, ha chiuso i battenti. Vittima delle speculazioni finanziarie del capitale. A partire dal febbraio 2013 l’occupazione della fabbrica e l’avvio del progetto autogestito RiMaflow materializzano l’insieme delle lotte a difesa del lavoro e del reddito iniziate nel 2009 dai lavoratori e delle lavoratici della Maflow.
A fine 2012 c’erano 30 mila metri quadrati di spazi vuoti, oggi più di cento lavoratori/trici lavorano dentro agli spazi Rimaflow svolgendo diverse attività.
Riappropriandoci del nostro lavoro stiamo attuando una riconversione ecologica della fabbrica. Stiamo costruendo una linea di produzione per la gestione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche obsolete. Ad oggi abbiamo istaurato attraverso il nostro GAS Fuorimercato un positivo rapporto con i produttori locali fornendo loro una logistica per la distribuzione dei prodotti biologici e autofinanziandoci con piccole produzioni agro-alimentari come la Ripassata (passata di pomodoro) ed il Rimoncello (un gustoso limoncello).
Abbiamo avviato un Mercatino dell’usato, e stiamo organizzando una piccola attività di ciclofficina e varie attività artigianali per creare opportunità di lavoro anche per altri disoccupati.
Come autofinanziamento organizziamo inoltre spettacoli ed attività culturali (musica, teatro, corsi, ecc) con l’apertura di un bar e una piccola attività di ristorazione per chi frequenta le attività che si svolgono in fabbrica.
Il progetto Ri-Maflow rappresenta il tentativo di rispondere alle due problematiche del nostro tempo: la crisi economico-finanziaria e quella ambientale. Crediamo che attraverso esperienze autogestite dai lavoratori/trici si possano creare le alternative a queste due crisi.
L’alternativa è possibile e sostenibile. Si può lavorare senza padroni.
Certo ci sono molte difficoltà.
In Europa ci troviamo di fronte a governi ostili che non vedono di buon occhio esperienze di democratizzazione dell’attività lavorativa. E che attraverso la burocrazia e la tecnocrazia possono facilmente bloccare le produzioni autogestite. C’è un mercato che influenza le modalità di produzione e con il quale ci si deve relazionare per l’acquisto delle materie prime e per la vendita delle produzioni. C’è la necessità di trovare i capitali per gli investimenti necessari a creare o ad ammodernare la filiera produttiva.
Tout court c’è una società capitalista fuori dalla fabbrica e non si può uscire da questa condizione. Tuttavia c’è la possibilità di una produzione “fuori mercato” anche in Europa. La crisi ci mette a disposizione questa opportunità. Fornendoci l’occasione per la moltiplicazione delle esperienze autogestite.
Crediamo che anche in Europa si possano creare le condizioni per la creazione di esperienze simili ai movimenti sudamericani. Reti composte da imprese recuperate, università, sindacati e realtà di movimento capaci d’entrare nelle contraddizioni del capitale e produrre conflitto.
La riuscita dei progetti di autogestione dipendono dalla capacità di sviluppare forze che portino in primo piano le esigenze del lavoro, di una nuova concezione economica, di una nuova società.
Per arrivare a una nuova legislazione che sostenga le lavoratrici/ori e le dinamiche di riappropriazione sociale. Per attaccare il ricatto del debito e delle politiche di austerity: rivendicando una nuova finanza pubblica e il diritto al credito per il welfare e per le economie dei lavoratori.
Reti capaci altresì di solidarietà materiale per veicolare le produzioni autogestite in canali commerciali “fuori mercato” ed intensificare gli interscambi tra le diverse realtà.
Dal nostro punto di vista per la sua riuscita il progetto Rimaflow non deve fermare la sua azione ai confini della fabbrica. Ma aprire le porte al tessuto sociale e produrre conflitto politico. Per questo parliamo di autogestione conflittuale. L’obiettivo è quello di realizzare una “cittadella dell’altra economia”. Dove attività produttive ed attività sociali si incontrano per resistere alla crisi e promuovere iniziative in rottura con il modello economico liberista.