Oltreconomia: Stedile-Malabarba, dialogo fra Sem terra e occupanti

rimaflowadmin 6 Giugno 2014 0

oltrec malabarba slide

Da “l’Adige.it” 6 Giugno 2014

Di Francesca Caprini

Nei giorni in cui l’Istat parla di impennata della disoccupazione, a Venezia arrestano il sindaco Orsoni e la Coldiretti plaude all’aumento del consumo dei prodotti «bio» – etichettandolo malamente come successo di un’economia green – si apprezzano le suggestioni che dall’incontro fra  João Pedro Stedile  e  Gigi Malabarba hanno regalato durante l’ultimo giorno dell’OltrEconomia festival a Trento, il 2 giugno scorso. Pensato come l’anima del messaggio politico del festival, il dialogo fra il referente dei Sem Terra del Brasile e quello della Rimaflow di Trezzano sul Naviglio – fabbrica occupata ed autogestita da 80 operai – metteva a confronto pratiche di riappropriazione dei beni comuni naturali – la terra appunto, delle comunità contadine brasiliane contro il latifondismo – e di beni comuni di produzione sociale.

Ne sono uscite suggestioni che rispondono alla mancanza di occupazione giovanile, alle grandi opere, al rapporto con la terra e l’agricoltura.
È stato emozionante ascoltare il dialogo fra due persone dalla storia forte, che in comune hanno la formazione marxista e la capacità visionaria. Ancora di più, capire che sì,  «se puede, otro mundo es posible» : non solo è possibile immaginare un mondo dove le proporzioni della povertà e dell’esclusione sono messe in discussione, ma già esiste.


Ideologico, romantico? I progetti dei Sem Terra e della riforma agraria popolare che Stedile ha raccontato sono chiari e concreti. Dopo l’ultima assemblea generale, i Sem Terra dichiarano che la terra non è di chi la lavora, ma è di tutti, nell’alveo di una visione sociale della produzione agricola che unisca educazione, formazione, rispetto per la biodiversità. Idem per il percorso coraggioso della Rimaflow, che unisce all’autogestione, la scelta del riciclo invece della produzione, e la connessione col mondo contadino e giovanile. Certo, sono proposte che mettono in discussione alcuni snodi centrali della nostra economia e della nostra organizzazione sociale: la finanziarizzazione del welfare, la privatizzazione dei servizi sociali, la difesa dei beni comuni naturali. Ideologico pure questo? Lo scrittore francese  Yannick Haenel  dice dell’Italia che è un Paese in cui «la speculazione finanziaria arrivata al suo stato di decomposizione più redditizio prende il posto delle decisioni». Forse è meglio provare a cambiare.

Sono contento di stare qui per condividere idee ed ideali, e di essere in questo spazio che è della società civile – ha detto Stedile arrivato sotto il tendone del parco Santa Chiara. «Il mondo è in crisi per l’egemonizzazione del capitale finanziario sugli Stati, ed è ancora più grave perché colpisce i movimenti sociali e valori umani: solidarietà, giustizia, uguaglianza. Il capitalismo ha distrutto questi valori perché impone un modello di produzione devastante, per cui è importante avere uno spazio di dibattito come questo, per trovare insieme le vie d’uscita».
Parla dell’esperienza concreta del Mst, Stedile, e dell’agrobusiness, perché «la popolazione urbana è per la prima volta più grande di quella della campagna». Ma soprattutto, mette a fuoco un «nuovo diritto alla terra». «Il nostro nuovo programma agrario parla di una lotta contadina che ad esempio contempli il diritto ad alimenti sani: se una volta il primo obiettivo era l’occupazione della terra, oggi la terra dev’essere anche salvaguardata». E non perde occasione per un passaggio sul Trentino, sua terra natia (è originario di Terragnolo): «Le mele della valle di Non sono un esempio di come il profitto non preveda che la gente mangi mele buone: è più importante il lucro ed in tutto il mondo è così. Il 70% dei costi per un contadino sono dovuti ai fertilizzanti chimici. Dobbiamo creare tutti insieme una matrice ecologica che è una pratica rivoluzionaria, perché vuol dire convivere con la Natura e combattere il capitalismo. Se così fosse, la Bayer potrebbe andare a farsi fottere…» (ride).


E Gigi Malabarba, emozionato di poter dialogare con Stedile «che seguiamo da vent’anni», racconta la ricetta Rimaflow: «Serve un progetto sociale ampio: lotte anche radicali non riescono più a portare avanti le richieste, perché la classe politica non ha più bisogno del consenso per fare le cose. Noi dobbiamo trovare risposte economiche immediate. La nostra esperienza è modesta ed è quella di un’autogestione operaia, le parole sono grandi ma di fatto la cosa è semplice: siamo stati cacciati da una fabbrica e abbiamo pensato che non dovessimo lasciarla in mano ad altri. Abbiamo riavviato la produzione, studiando le fabbriche recuperate dell’America latina».
Anche nella Rimaflow si sperimenta e si unisce la piccola produzione industriale ad iniziative di formazione, di educazione: «Siamo per il riciclo ed il riuso, perché vogliamo smetterla di sovrasfruttare il suolo con la produzione intensiva. Ci muoviamo per bisogni primari della popolazione: appoggiamo il biologico garantendo la distribuzione dei gas (gruppi acquisto solidale), per noi è alimentazione, per quei contadini una possibilità di uscita dal ricatto della speculazione edilizia. Con la politica dei grandi eventi – l’Expo 2015 – vengono fatte costruzioni e cementificazioni, togliendo terreno agricolo. Nutrire il pianeta? Si nutrono solo le multinazionali così. Lavoriamo con Sos Rosarno, denunciamo il problema della sovranità alimentare che colpisce anche il nostro Paese. È l’economia famigliare che nutre il pianeta, non le multinazionali!», chiude Malabarba.
Dal Brasile a Trezzano le parole d’ordine sono alleanza e solidarietà. Ma anche quella di ricostruire insieme una buona politica, ripartendo dall’acqua, dall’educazione, dagli alimenti».

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